Spesso si è portati a credere che la sola presenza di una nuova infrastruttura rappresenti un guadagno di competitività per un certo territorio. In realtà oggi è ormai assodato che le ricadute di nuovi interventi infrastrutturali possano essere diverse (anche negative) a seconda che si inseriscano in un quadro coordinato e di sistema o siano rivolti a conseguire obiettivi di carattere puramente locale.
Ad esempio, senza soffermarci sui casi (per certi versi opposti) in cui i benefici collettivi di certe infrastrutture non necessariamente corrispondano con le preferenze delle realtà locali su cui insistono (particolarmente frequenti nel caso di certe tipologie di opere), si pensi a come nuovi archi stradali possano marginalizzare certe aree aprendo vie più rapide per raggiungere destinazioni ritenute maggiormente strategiche, o come lo sviluppo di nuove infrastrutture di trasporto, progettate per ridurre il gap di accessibilità di certi territori meno sviluppati, possa, invece, accelerare la penetrazione di aziende maggiormente competitive, con la possibilità, paradossale, di sfavorire o rallentare le prospettive di sviluppo delle imprese locali.
Ma l’impatto di un intervento che non tenga conto di tutti gli effetti di sistema (compreso il comportamento dei singoli utenti) può essere ancora più sorprendente, come testimoniato dal cosiddetto “paradosso” di Braess sulle reti di trasporto[1]. Consideriamo il percorso schematizzato nel diagramma seguente tra due località A (origine) e B (destinazione). Il flusso di utenti sulla rete è tale che vi siano sempre N=N1+N2 vetture circolanti, N1 percorrenti la prima tratta, e N2 la seconda. Lungo la prima tratta gli utenti devono superare un ponte il cui tempo di attraversamento (T1) dipende linearmente da numero di mezzi N1, ovvero dal traffico, e un tratto a scorrimento il cui tempo di percorrenza (T2) non dipende dal traffico. Simmetricamente la seconda tratta include un primo tratto a scorrimento e un ponte con le stesse caratteristiche, cioè T3=T2 e T4=T1.
Se si pone, per fissare le idee, N=4.000, T1=N1/100 minuti (quindi dipendente dal numero di vetture che lo percorrono) e T2=45 minuti (indipendente dal traffico), è chiaro che nell’ipotesi di completa razionalità nelle scelte degli utenti (possiamo immaginarli dotati di un navigatore satellitare capace di rilevare il traffico in tempo reale) all’equilibrio si avrà N1=N2=N/2=2mila (i percorsi sono equivalenti) e quindi i tempi per percorrere le due tratte coincidono e risultano pari a 65 minuti (20 minuti per attraversare il ponte e 45 minuti per la tratta a scorrimento).

Supponiamo ora che le istituzioni decidano di costruire un nuovo tratto stradale che colleghi in un tempo estremamente rapido l’uscita del primo ponte e l’ingresso del secondo. E’ facile intuire come, all’equilibrio, questa nuova configurazione comporti che tutti gli N utenti scelgano il percorso attraverso il nuovo tratto (anche con il massimo livello di traffico il tempo di attraversamento del ponte, 40 minuti, risulta inferiore al tempo di percorrenza del tratto a scorrimento, 45 minuti). Il tempo di attraversamento sarà allora (trascurando il tempo di transito nel nuovo tratto) T1+T4=N/100+N/100=40+40=80 minuti, quindi maggiore (!) rispetto alla configurazione di partenza.
Si tratta chiaramente di un esempio limite e per certi versi irrealistico, ma che, tuttavia, aiuta a capire l’importanza di uno studio preliminare preciso ed accurato sulle dinamiche di rete e sul comportamento e le preferenze dei singoli utenti e delle imprese.
[1] Non si tratta di un vero e proprio paradosso ma piuttosto di un’osservazione contro intuitiva legata al comportamento collettivo degli individui nel traffico