Nella contabilità nazionale europea i fitti imputati sono definiti come una misura del valore di utilizzo di una proprietà detenuta dal proprietario stesso. I fitti imputati rappresentano, quindi, un flusso di reddito teorico che i proprietari di case “pagano” a se stessi per l’affitto della propria abitazione. Come ovvio, questo flusso di reddito non è effettivamente pagato o ricevuto, ma viene incluso nelle statistiche economiche al fine di tenere conto del valore di utilizzo degli immobili residenziali. È molto importante sottolineare che il fitto imputato è, da una parte, una voce di reddito (entra quindi nel valore aggiunto aggregato) e, dall’altra, una voce di spesa, entra quindi nel computo dei consumi delle famiglie per l’abitazione; in questo modo, l’identità contabile (PIL lato produzione/PIL lato della spesa) è sempre garantita. I fitti imputati considerano esclusivamente la rendita implicita dello stock abitativo goduto in proprietà; cosa avviene nel caso di un immobile a uso produttivo? In questo caso, Il fitto imputato, che rappresenta il valore teorico dell’utilizzo dell’immobile da parte dell’azienda, è risultato di un’operazione interna a somma zero. In altre parole, esso è considerato sia come una voce di ricavo, sia come una voce di costo; per questo, nel caso di immobili di proprietà delle imprese, il fitto imputato non incide nel computo del valore aggiunto. Diversamente, se l’immobile viene affittato da un’altra entità produttiva, il canone di locazione è incluso nella misurazione del valore aggiunto dei servizi immobiliari, e come tale entrerà nel computo del PIL.
Considerando la media del periodo pre-pandémico (2010-2019), in Italia, il contributo dei fitti imputati alla formazione di ricchezza nazionale è stato pari a circa 134 miliardi di euro (valutati a valori costanti 2015), in pratica, circa il 9% del PIL nazionale. Focalizzandosi sul contributo alla crescita, emerge come, specialmente in Italia, la componente dei fitti imputati sia stata stata determinante: tra 2019 e 2010 il nostro Paese ha fatto registrare una crescita del PIL “imbarazzante”, appena l’1,8%, un dato da confrontare con il +13,7% della media dell’Area Euro, o con il +16,2% della Germania, il +13% della Francia, il +10,2% della Spagna o il +17,6% del Regno Unito, e il 40% di questa modestissima crescita è stato ottenuto grazie alla rivalutazione dei fitti imputati, i quali hanno contribuito alla crescita aggregata per 0,7 punti percentuali. In pratica, senza i fitti imputati la crescita decennale italiana sarebbe stata, a conti fatti, di appena l’1,2%.
Figura – Percentuale di crescita decennale del PIL attribuibile alla crescita dei fitti imputati (2019/2010 a valori costanti 2015)
Fonte: elaborazioni Cresme su dati Eurostat
Alcune considerazioni preliminari: la necessità di uno studio approfondito
I fitti imputati rappresentano una componente “fittizia” del PIL, ottenuta a partire da una stima della rendita potenziale dell’abitazione occupata in proprietà; essi entrano in contabilità nazionale sia come reddito, sia come spesa (consumo) che una famiglia paga per un servizio immobiliare autoprodotto; non sono, in sostanza, “economia reale”. Nonostante questo rappresentano una parte dimensionalmente importante della ricchezza nazionale prodotta e possono contribuire, in maniera più o meno significativa, a determinare le dinamiche economiche di un territorio o di un paese. Come detto, nel decennio pre-pandemico ben il 40% della già modestissima crescita economica italiana è da attribuire ai fitti imputati. Vien da sé che si tratti di un tema centrale e che meriterebbe un più puntuale approfondimento; qui elenchiamo alcune questioni aperte che andrebbero indagate rigorosamente:
- Metodologie di stima: quali sono le metodologie utilizzate per la stima dei fitti imputati e le differenze tra i diversi uffici di statistica nazionali? In particolare, come viene determinato il canone di locazione “implicito” e come varia in funzione delle caratteristiche tipologiche degli immobili e del contesto territoriale?
- Fattori dinamici: quali sono i fattori che determinano la dinamica dei fitti imputati e quanto pesano nel bilancio delle quantità stimate? L’attività edilizia, ad esempio, è uno dei motivi più ovvi, poiché altera la dimensione e la composizione dello stock attraverso attività di nuova costruzione (espansione) o di sostituzione (demolizione/ricostruzione). Allo stesso modo, l’attività di riqualificazione, la quale modifica le caratteristiche qualitative, e quindi il prezzo implicito per il servizio immobiliare di un immobile ristrutturato, può influenzare la stima dei fitti imputati. L’attività di manutenzione ordinaria potrebbe fare altrettanto, poiché determina lo stato di conservazione degli immobili e quindi le loro caratteristiche funzionali. Altri elementi riguardano le politiche socio-economiche locali, che modificano i profili di attrattività/competitività di un territorio e quindi il valore edonico[1] degli immobili che insistono sul territorio (si pensi a un piano di riqualificazione urbana su larga scala); oppure gli investimenti in infrastrutture, quando in grado di modificare i profili di accessibilità di un’area e quindi le preferenze allocative di imprese e individui.
- Preferenze dell’abitare: quanto incide l’evoluzione della domanda, ovvero, il cambiamento delle esigenze abitative sulla valutazione dei fitti imputati? Si pensi a quanto avvenuto nel periodo post-pandemico e al cambiamento delle preferenze delle famiglie rispetto ad alcune caratteristiche, qualitative e allocative, delle case; oppure alle dinamiche demografiche, che cambiano il profilo anagrafico della popolazione modificando preferenze e esigenze (es. l’invecchiamento strutturale e la cosiddetta silver-economy)
- Mercato immobiliare: quanto incide l’evoluzione del mercato immobiliare, ovvero, quanto le dinamiche di prezzi, compravendite, tassi di interesse, costi di finanziamento e altri costi di servizio (intermediari, amministrativi, gestionali, tecnici, etc.) incidono sulla stima dei fitti imputati e sulla loro dinamica temporale?
- Prezzi: quanto incidono le dinamiche dei prezzi (modifica del livello medio globale del prezzo degli immobili per meccanismi di domanda/offerta) nella valutazione dei fitti imputati? Ovvero, quali sono le metodologie più opportune per costruire deflatori in grado di trasformare le valutazioni monetarie in valori economici costanti?
- Differenze regionali: quanto le differenze regionali, nelle caratteristiche degli immobili, nei prezzi e nei canoni di affitto, sono rappresentate nella contabilizzazione dei fitti imputati? Anche all’interno della stessa nazione, infatti, differenze regionali marcate (come nel caso del nostro Paese) richiederebbero approcci specifici che riflettano le condizioni locali.
- Seconda case e case non occupate: come vengono valutate le case non occupate e non locate? In teoria, esse rientrano nel calcolo dei fitti imputati come abitazioni nella disponibilità dei proprietari, tuttavia, l’esplosione del turismo residenziale e della sharing economy, al pari delle diverse normative nazionali su affitti brevi e case ad uso vacanza, rendono difficoltosa la stima (i canoni di locazioni nelle aree turistiche variano enormemente a seconda del periodo dell’anno e della lunghezza del contratto di locazione) e la comparazione internazionale.
- Politiche fiscali: le politiche fiscali, compresi i regimi fiscali relativi agli immobili e agli affitti, influenzano la dinamica dei fitti imputati? Oppure, le imposte sulle proprietà, le agevolazioni fiscali per gli affitti, i regimi fiscali per gli immobili a uso produttivo e altre misure fiscali hanno un impatto sul valore dei fitti imputati? E in che misura?
- Regolamentazioni e politiche abitative: le politiche abitative, comprese le norme di regolamentazione e le politiche governative, influenzano i fitti imputati? Si pensi, ad esempio, a politiche di controllo dei prezzi degli affitti, a politiche di sostegno agli alloggi sociali o a politiche di incentivazione per gli investimenti immobiliari.
[1] Modello economico in cui il valore del bene immobiliare è determinato dalle utilità o soddisfazioni che i consumatori traggono dalle sue caratteristiche intrinseche, come la dimensione, il numero di stanze, la qualità dei materiali, la presenza di giardino o piscina, la sicurezza percepita del contesto territoriale, l’accessibilità stradale, la vicinanza a servizi, bellezze paesaggistiche e infrastrutture.