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La produttività nel settore delle costruzioni: qualcosa sta cambiando

Nel 2022 la produttività oraria del settore delle costruzioni è stata di appena 26 euro (valore aggiunto per ora lavorata), un dato da comparare con la media generale che, valutata a prezzi costanti con base 2015, l’anno passato si è attestata sui 36,5 euro. Nel settore, quindi, esiste un problema di efficienza; basti dire che, considerando i principali ambiti produttivi, le costruzioni sono riuscite a fare meglio soltanto del martoriato settore turistico (alloggio e ristorazione hanno registrato circa 20 euro per ora lavorata, mentre il manifatturiero si è aggirato intorno ai 37 euro). Il problema, però, non riguarda soltanto le imprese: risalendo la filiera, il gap di produttività col resto dell’economia persiste e si osserva, ad esempio, anche nel settore della progettazione; l’attività degli studi di architettura e d’ingegneria mostra infatti livelli di produttività oraria intorno ai 25 euro[1], in linea, quindi, con quelli delle imprese di costruzioni. Eppure, se si guarda alle tendenze più recenti, qualcosa sembra stia cambiando: a conti fatti, nel triennio post pandemico le costruzioni sono state il settore che ha sperimentato l’aumento maggiore della produttività oraria. Rispetto alla media del triennio pre-crisi (2017-2019) il dato del 2022 certifica una crescita del +9,2%, mentre il totale dell’economia registra un incremento di “appena” il +2,8% (la produttività in ambito manifatturiero, a titolo di confronto, è rimasta sostanzialmente stabile, +0,2%). Questo exploit settoriale si presta a diverse interpretazioni:

  • In primis, non è da escludere un effetto legato al rapido incremento dei prezzi, considerando le ben note difficoltà nella misurazione dell’inflazione in ambito settoriale. Una sottostima nel calcolo dei deflatori, infatti, potrebbe spiegare almeno una parte dell’andamento recente della produttività oraria (calcolata a valori costanti).
  • Allo stesso modo, una sottostima delle ore lavorate (possibile, alla luce della vertiginosa espansione del mercato della riqualificazione e della conseguente necessità, da parte delle imprese, di aumentare la capacità produttiva rapidamente ma non strutturalmente) potrebbe aver inciso, in positivo, sulla misura delle metriche di produttività.
  • Non è da escludere, inoltre, un effetto propulsivo legato alla crescita del mercato della ristrutturazione incentivata. La finanziarizzazione del settore, determinata dalla possibilità di cessione del credito di imposta, la necessità di rispettare tempistiche certe nell’esecuzione dei lavori, i maggiori controlli, la comparsa di un’attività amministrativa nelle voci di ricavo delle imprese e una maggiore attenzione agli aspetti di gestione del processo produttivo, possono aver favorito la crescita della produttività settoriale.
  • Anche l’espansione del mercato delle infrastrutture (+11,5% l’aumento del valore della produzione tra 2022 e 2019) potrebbe aver svolto un ruolo, con le imprese operanti nel settore del genio civile, mediamente di dimensioni maggiori e più strutturate, che mostrano livelli di produttività superiori a quelli delle imprese edilizie.
  • Ma vi sono altri due elementi da considerare: la sempre maggiore importanza della componente impiantistica (oggi vale il 35% della produzione settoriale, il dato più alto in Europa, quado dieci anni fa era il 27%), che rappresenta la parte più innovativa e tecnologica del settore delle costruzioni, e, soprattutto, lo sviluppo della digitalizzazione del processo.

Che qualcosa si stia muovendo in questa direzione è suggerito dal fatto che il trend di crescita della produttività settoriale non riguarda solo l’ultimo triennio. Anche considerando il periodo pre-pandemico (2017-2019) le costruzioni sono infatti il macro-settore che ha sperimentato la crescita media della produttività più elevata (+1,5% di crescita media annua, al pari del settore commerciale; +0,4% è invece la media generale). Da notare, inoltre, che negli ultimi sei anni, tra i quattro principali paesi europei, solo in Italia le costruzioni hanno mostrato una crescita così significativa della produttività (+2,0% medio annuo in Italia, -0,8% in Germania, -4,5% in Spagna e -1,0% in Francia). Che qualcosa, dal lato dell’ottimizzazione della gestione dei processi e della digitalizzazione, stia in effetti avvenendo è confermata dall’analisi delle dinamiche della cosiddetta produttività totale dei fattori (TFP). La crescita della produttività oraria, infatti, è solitamente scomposta in tre componenti: l’aumento del capitale fisso per addetto (c.d. capital deepening), modifica dell’allocazione delle ore lavorate verso attività a maggiore valore aggiunto, e un aumento, appunto, della produttività totale dei fattori. Quest’ultima, lo ricordiamo, tiene conto di tutto ciò che contribuisce ad aumentare l’output di un settore a parità dei fattori produttivi, ovvero, innovazione tecnologica, innovazione di processo, qualità del capitale umano. Se si guarda al periodo 2017-2020, la crescita della TFP settoriale ha ripercorso quasi fedelmente le dinamiche della produttività oraria; è cresciuta nelle costruzioni (+0,6% di media annua) ed è calata negli altri settori (-0,5% la media generale, -1,4% nel manifatturiero).

D’altra parte, nell’ultimo decennio la necessità di migliorare la sostenibilità del settore, in una accezione economica più generale, ha cominciato a trovare nella gestione digitale del processo la strada per colmare decenni di bassa crescita e bassa produttività. La standardizzazione delle informazioni e il miglioramento dell’efficienza nello scambio dei dati all’interno della filiera stanno diventando un imperativo a tutti i livelli. Le imprese produttrici, specialmente nei settori maggiormente internazionalizzati, iniziano a comprendere i vantaggi di una gestione digitale di tutte le fasi, dall’acquisto, mediante l’utilizzo di piattaforma EDI per l’e-procurement, alla vendita. Il settore della distribuzione è sempre più consapevole che una gestione completamente digitale che si interfacci con le piattaforme dei produttori scambiando efficientemente dati di prodotto e informazioni tecniche è la chiave per competere in un mercato sempre più esigente e internazionalizzato; qui la gestione automatizzata del magazzino e della logistica, la domanda di standardizzazione delle informazioni tecniche, l’utilizzo di sistemi informativi all’avanguardia per la gestione in tempo reale delle scorte cominciano a diffondersi tra le aziende più strutturate, trainando l’innovazione a tutti i livelli. Imprese e installatori cominciano a capire che la riduzione del rischio operativo (di contenzioso, sicurezza, amministrativo, etc.) passa necessariamente dalla gestione ottimizzata delle informazioni in cantiere; il tema della digitalizzazione e della tracciabilità diviene strategico, quindi, non solo per migliorare la produttività e l’efficienza ma anche per la mitigazione del rischio. In ambito impiantistico, la sempre maggiore integrazione impianto-edificio, con la diffusione della domotica e dell’IOT, sta rendendo centrale il tema della standardizzazione del flusso dei dati in un’ottica più generale di interoperabilità delle componenti.

In questo contesto, la consapevolezza è che la qualità, del manufatto o dell’infrastruttura, dell’organizzazione del processo produttivo e del cantiere, della vendita e delle relazioni all’interno della lunga filiera idea-realizzazione-gestione, passa necessariamente dalla qualità del processo decisionale, dalla scelta dei materiali, dalla progettazione integrata con il processo costruttivo. In questo senso la diffusione degli strumenti BIM nel mondo della progettazione diviene un tema strategico: BIM inteso come strumento integrato per la gestione di tutto il processo, dalla progettazione, all’esecuzione, fino al facility management. La digitalizzazione avvenuta a monte permette di introdurre soluzioni digitali a cascata in tutte le fasi del processo che si trasmettono anche alla fase di gestione, dove manutenzione degli impianti, manualistica interattiva e realtà aumentata supportano l’attività del facility manager.

[1] In questo caso l’ultimo dato disponibile è quello del 2020

Ma il primo passo verso un settore delle costruzioni veramente digitale è che i prodotti in fase di progettazione, costruzione, consegna, gestione e manutenzione siano univocamente identificabili e rintracciabili. Una filiera in cui le informazioni sui prodotti non sono facilmente reperibili, o sono difficilmente confrontabili, riduce la produttività, aumenta gli sprechi e rende i processi inefficienti. In secondo luogo, vi è la necessità di rispondere alla crescente necessità di collegare il mondo virtuale con quello fisico. L’emergere dei gemelli digitali apre la strada ad un nuovo modo di lavorare, nuove fonti di dati e informazioni diventano accessibili e la richiesta è che queste siano vive (sempre aggiornate) e utili (con le informazioni che veramente servono). Per questo è fondamentale essere in grado di collegare il fisico e il digitale utilizzando identificatori persistenti interoperabili, in modo che tutte le parti interessate possano scambiarsi i dati in maniera rapida e affidabile. I gestori degli asset potranno sfruttare i dati raccolti durante le fasi di progettazione e costruzione per migliorare le prestazioni dei prodotti e garantire che possano essere riutilizzati o riciclati nella maniera opportuna al termine della vita utile. Tutto questo mentre cresce la domanda di un ambiente più sostenibile, una domanda più attenta, più esigente, che mette sotto la lente di ingrandimento le industrie più inquinanti e quelle che fanno un uso intensivo delle risorse. Solo la piena conoscenza dell’impronta ambientale dei prodotti durante la fase di progettazione porta a decisioni migliori, riducendo l’impatto ambientale del settore e i problemi nella gestione dei rifiuti.

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